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Cosa lega il corpo di un animale sezionato dalla lama di un cacciatore arcaico, il corpo di quello stesso animale dipinto sulla parete di una grotta più di 30.000 anni fa, il corpo della terra, che entra per vie sottili nella cultura di un popolo, il corpo del testo, in cui lo spazio reale diventa spazio mentale, e infine il corpo urbano, in bilico tra norma e wilderness, tra vocazione sedentaria e bisogno di perdersi? La risposta è nel paesaggio: un "presente remoto", un paradigma di pensiero in atto che percorre in modo carsico le faglie di ciascuna cultura, a ricordare che corpo, processi cognitivi, tecniche del sapere e miti hanno una matrice unica. Nei cinque casi, studiati da Meschiari, emerge un'idea di paesaggio complessa, lontana dalle mode intellettuali, suggerendo un campo di ricerca in cui l'antropologia non appare più un ambito disciplinare, ma un percorso cognitivo a più direzioni. Il paesaggio in questo modo da fatto naturale si afferma nella sua profonda realtà di orizzonte ideologico, comprensivo della intera percezione dell'uomo, della sua condizione esistenziale.